martedì 9 ottobre 2012

Chavez vince ancora, ma non stravince

Caracas(Venezuela) 08/10/2012 - E pensare che fino a qualche mese fa tutti lo davano per spacciato. Invece, nonostante la malattia il presidente venezuelano, Hugo Chavez, l’ha spuntata ancora una volta. La sua quarta  vittoria consecutiva alle elezioni  presidenziali è stata  netta, ma non plebiscitaria. Il leader socialista ha battuto al ballottaggio il giovane candidato del partito di opposizione Primero Justicia, Henrique Capriles, distanziandolo di quasi dieci punti( 54,42 a 44,92 percento). Il cancro e le chemioterapie non hanno impedito al presidente uscente di buttarsi a  capofitto nelle elezioni presidenziali. Anche se visibilmente gonfio e affaticato, il leader socialista è riuscito a infiammare i suoi sostenitori e a convincerli a dargli un quarto mandato. Ieri sera, dal balcone del palazzo Presidenziale, il vecchio leone nella sua immancabile camicia rossa  ha dato a molti l’impressione di avere davanti una persona diversa: con un’ insolita luce  negli occhi. Forse il leader socialista, mentre salutava i suoi sostenitori accorsi  in piazza per festeggiare l’ennesima vittoria, sapeva di aver fatto qualcosa di incredibile; sapeva di essere riuscito a battere  in un sol colpo il cancro e il suo oppositore politico. In un clima simile non potevano mancare le dichiarazioni da smargiasso del leader socialista. « Oggi abbiamo dimostrato al mondo intero che la democrazia venezuelana è una delle migliori del mondo» ha detto  il presidente  dal balcone di palazzo Miraflores mentre sventolava una spada simile a quella dell’ eroe nazionale Simon Bolivar. Tuttavia, il leader  venezuelano avrà bisogno di ben altro per convincere l’occidente, Stati Uniti in testa, che il suo sia diventato un vero e proprio regime democratico. In fondo, e questo Chavez lo sa bene, è difficile presentarsi al mondo intero come un leader democratico quando sei destinato a regnare per venti anni e dici di appoggiare i peggiori regimi dittatoriali, da quello Iraniano a quello Nord Coreano passando per quello bielorusso di Lucashenko. Pur stando così le cose, non sono mancati gli attestati di stima da parte di alcuni capi di stato, soprattutto sudamericani. Per l’occasione, infatti, il Presidente argentino, Cristina Fernandez, ha pensato di congratularsi con il vincitore lasciando un messaggio su Twitter in cui c’era scritto « la tua vittoria è la nostra vittoria. E’ la vittoria di tutto il Sudamerica e delle Canarie!». Ma come tutti sanno, la sbornia elettorale dura poco: il tempo di una notte. Il bello di solito viene dopo, quando devi   incominciare a occuparti dei problemi del paese: e il Venezuela di problemi ne ha ancora tanti. Primo fra tutti l’inflazione. Un male subdolo che rischia di affamare milioni di persone. Per non parlare poi della criminalità. La lotta per il controllo del mercato della droga e le continue scorribande dei gruppi criminali hanno causato dagli inizi del 2011 a oggi più di 19 milioni di morti. Numeri impressionanti che hanno fatto perdere non pochi voti allo storico leader. Non è un caso, infatti, se Capriles stavolta è riuscito ad accaparrarsi una grossa fetta dell’elettorato. Per l’astro nascente della politica venezuelana arrivare al 45 percento e impedire al presidente uscente di ripetere l’exploit delle scorse elezioni è stata comunque una vittoria. « Spero che il movimento politico che governa questo paese da 14 anni abbia capito che quasi la metà delle persone non la pensa più come loro» ha detto il leader dell’opposizione davanti ai suoi sostenitori in lacrime per la disfatta elettorale. Ma Capriles ha anche altri motivi per sorridere. Il leader di Primero Justicia sa bene che, per quanto Chavez sia un osso duro, il cancro lo ha fortemente debilitato. Ma soprattutto sa che nel partito socialista attualmente non ci sono uomini capaci di prendere per mano il partito e di stravincere le elezioni nel caso in cui il vecchio leader dovesse essere messo fuori gioco dalla malattia. Tuttavia, quest’ultime rimangono delle semplici aspettative. Per adesso i corvi e i detrattori che avrebbero voluto vedere Hugo Chavez in fondo a una fossa dovranno aspettare altri sei anni… malattia permettendo.

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