venerdì 5 ottobre 2012

GIORNALISTI A CREDIBILITA' 0

Napoli 05/10/2012 – Credibilità. Ecco quale dovrebbe essere la prerogativa principale di un giornalista. E dico “dovrebbe” perché negli ultimi anni in Italia quelli che fanno parte della categoria non si sono fatti mancare proprio nulla. Infatti, se scartiamo alcuni, pochi e isolati esempi di vera rettitudine giornalistica, i casi di scarsa credibilità sono stati innumerevoli: abbiamo avuto un direttore del TG1 che ha difeso a spada tratta l’ex governo durante il telegiornale; abbiamo visto servizi alla Tv  in cui un magistrato veniva sbeffeggiato perché reo( secondo la testata del TG5) di aver condannato ingiustamente il loro padrone; abbiamo  letto di direttori di giornali che hanno calunniato i loro colleghi per ripagarli delle critiche mosse da questi ultimi all’operato dell’ex governo; abbiamo  appreso di direttori di giornali costretti a scappare all’estero perché ricercati dalla polizia italiana per vicende legate a losche storie fatte di dossieraggi e ricatti perpetrati ai danni di avversari politici, e tanto altro ancora. Insomma, ce ne sarebbe abbastanza da far credere agli utenti di giornali e Tv che la credibilità dei giornalisti sia ormai un lontano ricordo. Sembrano distanti anni luce i tempi in cui Montanelli, dalle colonne de Il Giornale , sosteneva che la classe politica di allora, quella degli anni di tangentopoli, “ puzzava di fogna”. Ma allora era diverso. I giornalisti avevano una loro dignità professionale. Una dignità che gli imponeva di rifiutare anche le offerte più allettanti: soprattutto quando queste gli venivano fatte da chi stava per diventare il reuccio del paese.  Emblematica e indimenticabile fu a tal proposito  la risposta  che Montanelli,  all’epoca direttore del quotidiano Il Giornale , di proprietà della famiglia Berlusconi,  diede al Cavaliere quando quest’ultimo gli chiese di mettersi al «suo servizio» perché lui stava per «scendere in politica». Era il 1993, allora Berlusconi si apprestava a diventare l’astro nascente della politica italiana: una sorta di semidio a cui non si poteva dire di no.  Ma il semidio in quell’occasione aveva fatto i conti senza l’oste. E la risposta dell’allora direttore fu ferma, sprezzante.«Non è che io non voglio mettermi al tuo servizio» rispose l’allora direttore de Il Giornale . «Io – concluse Montanelli – non voglio mettermi a servizio». Chiunque avrebbe voluto vedere la faccia del Cavaliere in quel momento.  Ma di giornalisti di tale spessore ormai se ne vedono sempre meno in Italia. Oggi la categoria è piena di servi e di vigliacchi pronti a tutto pur di sedersi sulle poltrone che contano: anche a mettere in discussione la loro credibilità.  E questo è un po’ quello che è successo anche di recente all’attuale direttore de Il Giornale , Alessandro Sallusti. Un numero inimmaginabile di giornalisti hanno gridato( giustamente) allo scandalo, quando hanno appreso che per responsabilità oggettiva il “povero” direttore de Il Giornale avrebbe dovuto scontare una pena di  14 mesi di reclusione per un articolo ingiurioso sul conto di una tredicenne convinta ad abortire dalla madre e scritto da un certo Dreyfus  sul giornale Libero quando Sallusti ne era il direttore.  Quasi tutti hanno criticato il codice penale e le sue norme, ma solo in pochi hanno avuto la correttezza di ricordare che scrivere notizie false e calunniose su un giornale, oltre a essere un reato, è un comportamento da vile e non da giornalista serio. E se poi a ciò si aggiunge che sotto lo pseudonimo di Dreyfus si nascondeva un certo Renato Farina, ex giornalista cacciato dall’Ordine per essersi venduto ai servizi segreti deviati, allora non ci vuole un esperto di media per capire che anche la condotta dell’allora direttore di Libero fu tutt’altro che esemplare. Ma questo importa evidentemente a pochi e irriducibili rappresentanti del giornalismo di una volta. In fondo, in una categoria di iene come quella dei giornalisti, a chi può mai importare del fatto che in una democrazia liberale, in cui la stampa è per antonomasia un organo di controllo del potere, un giornalista si faccia pagare dai servizi segreti allo scopo di raccogliere informazioni e screditare l’avversario politico di turno dalle colonne di uno dei più importanti giornali del paese. E se poi le notizie pubblicate da quest’ultimo dovessero risultare false, allora pazienza.  Tanto, gli si può sempre prospettare la possibilità di scrivere fiumi di fandonie calunniose sotto pseudonimo. Proprio come hanno fatto Sallusti e Feltri con Farina, alla faccia della credibilità dei direttori di giornale.  

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