giovedì 22 marzo 2012

La Costa del pericolo

Napoli 20/01/2012 - Più che Costa Crociere io la chiamerei Accosta Crociere. Si perché, dalle ultime indagini giornalistiche, è saltata fuori una interessante novità. E cioè, che sono molte le navi da crociera ( non tutte appartenenti alla compagnia Costa) che hanno fatto la barba alle coste italiane, andandosi a ficcare finanche dentro al Canale di Venezia che, si sa, in quanto a larghezza non è certo  il Golfo di Taranto.  In certi casi verrebbe da dire, parafrasando un famoso passo della Bibbia, che è più facile veder passare una nave da 114 mila tonnellate in un posto stretto come la “cruna di un ago” che una barchetta di pescatori in mare aperto. Anche perché, nel caso delle navi da crociera, è quasi impossibile che qualcuno non si accorga del loro passaggio. Anzi, la nave deve fare di tutto per essere notata.  Il capitano della nave, infatti,  è tenuto  a salutare gli abitanti delle isole e delle città a cui solitamente fanno la barba con una triplice strombazzata. E Dio non voglia che l’ufficiale in comando si dimentichi le buone maniere. Qualche alto dirigente della compagnia navale potrebbe anche arrabbiarsi. Per non parlare poi dei sindaci e degli amministratori locali che da sempre tollerano certe visite un po’ avventate. Secondo la prassi ormai consolidata le parti sono tenute a mantenere rapporti di cordialità, che tanto bene fanno al business del turismo, ma che allo stesso tempo potrebbero fare tanto male alle persone che si trovano sulla nave o sulle banchine. Già, il business, gli affari, i soldi. In questo caso funziona così: io, sindaco, chiudo un occhio quando passi a pochi metri dagli scogli delle mie coste mostrando alle migliaia di persone a bordo le bellezze della mia città e tu, armatore,  chiudi un occhio quando si tratta di rispettare le regole del buon senso in mare allo scopo di  far vedere a chi sta  a terra quant’è bella la tua nuova nave da crociera.  E a dire il vero il giochino ha funzionato: o per lo meno ha funzionato fino alla sera di venerdì sorso quando, probabilmente, il capitano della Costa Concordia, Francesco Schettino,  ha deciso di chiudere,  non uno solo, ma entrambi gli occhi al momento del passaggio radente all’Isola del Giglio. Risultato: 13 morti, ottanta feriti, 24 dispersi, una nave di lusso (forse) irrimediabilmente sventrata e una perdita di immagine che al momento della riapertura della Borsa di Londra, lo scorso lunedì,ha fatto registrare un crollo del 20 per cento del titolo di Costa Crociere. Ma la tragedia a largo dell’Isola del Giglio non ha attirato solo l’attenzione dei mercati. Quest’oggi, infatti, il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, presenterà al Senato un decreto sulle rotte a rischio. Il decreto, stando alle dichiarazioni del ministro, dovrebbe « prevenire il verificarsi di nuovi incidenti in zone sensibili ampliando le prerogative delle capitanerie di porto».  Insomma, l’ormai tanto consolidata intesa commerciale tra i sindaci e i manager delle compagnie di crociera sembra essere naufragata. D’altronde, l’immagine della Costa Serena, la nave da crociera che lo scorso mercoledì sera è passata  a circa 300 metri dal relitto della Costa Concordia, è emblematica… soprattutto se si pensa che al momento del passaggio la Serena è stata un po’ maleducata: non ha fatto nemmeno una “strombazzatina”.  

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